Il pane è da sempre un pilastro della nostra cultura alimentare, un alimento così essenziale da diventare sinonimo stesso di nutrimento. Simbolo di vita, condivisione e tradizione, ha attraversato i secoli mantenendo intatto il suo valore sociale e culturale.

In questa sala ci concentriamo sulle semplici materie prime impiegate per ottenere le farine fino ai fragranti pani che un tempo diffondevano il loro profumo per le strade dell’antica Ercolano. Possiamo ammirare non solo i resti di pani carbonizzati dalla caratteristica forma rotonda – con incisioni radiali per facilitarne la divisione in fette e, talvolta, impressi con un marchio distintivo – ma anche le materie prime utilizzate per la loro preparazione.

Non solo il grano, ma anche farro, miglio, orzo e favino, ingredienti essenziali di un’alimentazione variegata e sapiente. Accanto a questi, strumenti di macinazione e cottura raccontano il meticoloso processo che portava alla nascita di un alimento imprescindibile. In origine, il pane era prodotto esclusivamente in ambito domestico.

Numerose macine manuali rinvenute nelle domus testimoniano come questa pratica sia rimasta diffusa a lungo, anche dopo la nascita delle prime panetterie (pistrina). La crescente richiesta e il perfezionamento delle tecniche di setacciatura, macinazione e cottura favorirono l’ascesa di figure specializzate come il pistor (fornaio), che si avvaleva di strumenti all’avanguardia per l’epoca, come l’impastatrice: un grande bacile di pietra lavica dotato di un perno in ferro e una barra lignea con bracci orizzontali per la miscelazione degli ingredienti.

L’impasto aveva al suo interno lievito madre (del quale sono stati ritrovati frammenti), il pane veniva cotto direttamente nel forno. Possiamo immaginare il crepitio del fuoco, il calore avvolgente, il profumo che si sprigionava nell’aria e si diffondeva lungo le vie della città. Altri prodotti da forno, come dolci e focacce (placentae), erano preparati in apposite teglie di bronzo di varia grandezza, molte delle quali ritrovate nelle botteghe di Ercolano.

Nella sala è riprodotto fotograficamente anche il celebre fregio della tomba del fornaio romano Marco Virgilio Eurisace, situata nei pressi di Porta Maggiore, con tutte le fasi della panificazione.

Sul fondo della sala è esposto un forno ricostruito che riproduce con grande accuratezza una sezione del forno rinvenuto in un ambiente laterale del pistrinum di Sextus Patulcius Felix. L’esemplare originale, realizzato in muratura, poggia su un ampio basamento il cui piano, rivestito di tegole, si estendeva fino all’interno della bocca del forno. La copertura a volta dava forma a una vera e propria cupola, al cui interno il condotto di aerazione era ottenuto tramite il riutilizzo di un collo di anfora. Sul paramento esterno della cupola spiccano due falli apotropaici, simboli propiziatori destinati a proteggere la struttura dal malocchio.

Macchine per macinare, forni e utensili moderni ci aiutano a capire quelli antichi grazie alla continuità secolare della produzione del pane. Oltre ai forni, nei panifici di Ercolano si trovano le caratteristiche mole asinarie, così chiamate perché azionate dal duro lavoro di animali da soma. Uno di questi, un asinello, è stato rinvenuto accanto a una delle due macine del pistrinum del vicolo meridionale (Insula Orientalis II), una scoperta emozionante che dobbiamo all’archeologo Amedeo Maiuri, protagonista degli scavi della città tra il 1927 e il 1961.